La “luce magica” del laser. La terapia per l’adenoma della prostata

La laser terapia applicata per problemi alla prostata

Ipertrofia prostatica benigna: l'ultima frontiera della terapia laser per il trattamento di questa patologia

La “laser terapia” da diversi anni trova le più svariate applicazioni in campo medico: dall’oculistica, dove viene utilizzata per correggere difetti di visione, alla dermatologia e alla chirurgia plastica per far scomparire fastidiosi inestetismi cutanei e ancora in urologia per il trattamento della calcolosi. Proprio in campo urologico trae applicazione l’ultima frontiera della terapia laser per il trattamento di quella che – in termini tecnici – viene definita IPB ovvero l’ipertrofia prostatica benigna.

Cos’è l’IPB?

L’IPB è una condizione benigna che interessa la ghiandola prostatica che, come tutto il nostro organismo, va incontro ai naturali fenomeni dell’invecchiamento. Questa condizione può quindi presentarsi in età matura, intorno ai 50 anni, e si manifesta con una progressiva difficoltà nell’urinare, riduzione della forza del getto urinario, eccessivo sforzo per procedere alla minzione e in continui risvegli notturni. Altre difficoltà tipiche di questa condizione possono presentarsi come fastidiosi bruciori, sensazione di mancato svuotamento della vescica e nella continua necessità di dover urinare. Questa condizione, semplice da diagnosticare, viene confermata da un’ecografia sovra pubica che permette di valutare anche le reali dimensioni dell’adenoma prostatico.

Fino a qualche anno fa la terapia adottata per risolvere questo problema, era quella definita a “cielo aperto”, un vero e proprio intervento chirurgico con bisturi, invasivo, e con degenza del paziente di almeno una settimana. Oggi, grazie alla terapia laser vengono sfruttati gli orifizi naturali senza alcuna necessità di bisturi: un’operazione chirurgica rapidissima rispetto agli altri sistemi.

La tecnica chiamata ThuLEP utilizza, come detto prima, gli orifizi naturali per raggiungere la prostata, non prevede in alcun modo l’uso del bisturi e l’intervento può essere eseguito anche in anestesia locale. Senza drenaggio, che invece nella chirurgia classica deve essere propedeutico al catetere vescicale che può essere rimosso solo dopo 5 giorni, il paziente potrà tornare a casa dopo sole 48h dall’intervento. Si abbassa notevolmente la possibilità di contrarre infezioni e il tempo di degenza del paziente si riduce al minimo. L’entusiasmo che ha accolto e che accompagna questa nuova tecnologia applicata alla medicina è solo l’inizio… il futuro è nello stare bene.

 


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